Lo “sdoppiamento”dei corsi ha posto fine alla concorrenza tra le sedi?
Nella penultima inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Piemonte Orientale riferita al suo mandato (Vercelli, 3 febbraio 2017), il rettore Cesare Emanuel, alla presenza dei tre sindaci dell’Ateneo tripolare, affermò, in maniera solenne, che, grazie allo “sdoppiamento” dei corsi di laurea da lui avviato, era terminata la concorrenza tra le tre sedi dell’UPO. Una concorrenza che si era già manifestata durante il rettorato di Paolo Garbarino (2004-2012) con il tentativo di spostare la facoltà di Giurisprudenza da palazzo Borsalino a Novara. Una decisione sbagliata, per fortuna sventata, in primis, dal Direttore del Dipartimento e il Preside della facoltà, portato avanti senza una adeguata valutazione delle conseguenze. Uno squilibrio su un unico polo non avrebbe, infatti, sancito la nascita dell’Università di Novara, come erroneamente ritenevano il rettore, gli esponenti accademici e amministrativi della città e, probabilmente, l’allora presidente, prima del Consiglio e poi della Regione, Roberto Cota (2010-2014), ma la fine dell’esperienza della giovane seconda università del Piemonte. Per ragioni già allora evidenti: la vicinanza della città di Novara con Milano e l’attrazione dei suoi atenei. Ragioni adesso destinate, nel giro di pochi anni, ad aumentare con la realizzazione di “Humane Technopole”, il centro di ricerca high-tech dedicato alle scienze della vita e la genomica, nell’area dell’ex Expo, distante poche decine di chilometri dalla città di San Gaudenzio. Centro che si prevede sarà pronto entro il 2024 e ospiterà, tra l’altro, il nuovo campus per studenti e professori dell’Università Statale di Milano che sposterà nella nuova sede sette corsi e dipartimenti scientifici. Di conseguenza solo una forte integrazione fra le tre sedi e lo sviluppo, senza gelosie, delle tre realtà, in base alle rispettive caratteristiche, deve essere considerato indispensabile da parte di tutti, nella consapevolezza che per l’Università è l’insieme quello che conta e può determinare un vantaggio comune. Un indirizzo che avrebbe dovuto risultare chiaro sin dall’inizio, 22 anni fa, quando solo l’unità politica e amministrativa dei tre territori aveva reso possibile la conquista dell’autonomia dell’Università del Piemonte Orientale, battendo le resistenze e la contrarietà di Torino.
Auspicando che ciò sia, finalmente, divenuto patrimonio collettivo degli accademici, degli amministratori di Alessandria, Novara e Vercelli e della Regione, qualche considerazione va, però, svolta sulle conseguenze e gli squilibri che, negli anni, decisioni non unitarie hanno determinato.
E’ indubbio, infatti, che nei confronti della sede di Alessandria l’UPO e la Regione Piemonte abbiano investito decisamente meno risorse rispetto a Novara e che anche il budget previsionale dell’offerta “residenziale, strutturale e delle attività ricreative” degli anni 2019-’20 e ’21 dell’Università risulti penalizzante per i dipartimenti alessandrini.
Per fare il punto della situazione su un tema che è sempre stato in cima ai nostri interessi, come associazione “Città Futura” abbiamo, di recente, incontrato il pro-rettore, Roberto Barbato, e il sindaco di Alessandria, Cuttica di Revigliasco.
A tutti noi non spiace se il Consiglio di amministrazione dell’UPO destina, in favore degli studenti di Novara, risorse per adeguare il complesso sportivo del San Giuseppe, ma rileviamo che agli studenti che frequentano i dipartimenti di Alessandria mancano strutture e servizi fondamentali come residenze, mense accessibili e, in particolare, per il DIGSPES (palazzo Borsalino) spazi per lo studio e la possibilità di fruire pienamente della biblioteca avendo a disposizione nuovi locali. E riteniamo che per colmare queste gravi carenze strutturali sia necessario che Rettore, pro-rettore e Consiglieri dell’ateneo avvertano la necessità di impegnarsi prioritariamente in questa direzione. Per la realizzazione e la gestione, in particolare, delle Residenze per gli studenti, sollecitando anche l’intervento della Regione e dell’Ente Regionale per il Diritto allo studio, come espressamente previsto dall’atto istitutivo dell’Università.[1] E le Foresterie per i docenti, che non è obbligatorio abitino in Alessandria o siano della città, ma devono essere i migliori e, all’occorrenza, disponibili a iniziative aperte ai cittadini anche oltre il normale orario delle lezioni.
Perché i locali dell’ex caserma dei Carabinieri messi a disposizione dalla Provincia non sarebbero idonei per le necessità di Palazzo Borsalino?
Quando i responsabili dell’Ateneo si sono lamentati di una scarsa attenzione da parte delle diverse amministrazioni, cittadina e provinciale, alessandrine nei confronti delle esigenze dell’Università hanno, in parte, avuto ragione. Così come è noto che, almeno inizialmente, sia la Fondazione che le Associazioni imprenditoriali abbiano maggiormente creduto e investito nei confronti della sede territoriale del Politecnico di Torino. Ma questa critica non ha, da diversi anni, più ragione d’essere. Sia dalla precedente amministrazione comunale che dall’attuale, sul tema delle Residenze sono state avanzate precise proposte: il palazzo degli “ex sordomuti” in piazza Santa Maria di Castello, da parte della giunta di Rita Rossa, e la parte della chiesa di San Francesco prospiciente i giardini Pittaluga, da parte dell’attuale Sindaco. E, per quanto riguarda le necessità del dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economiche e Sociali, è nota la disponibilità della Provincia, proprietaria del bene, a valutare le modalità per destinare all’Università lo stabile dell’ex caserma dei Carabinieri. D’altronde la messa a disposizione dell’Università in comodato d’uso gratuito dell’immobile ubicato in via Cavour, 65 (3 blocchi, su tre piani fuori terra per una superficie complessiva di mq. 3200) è prevista nel decreto istitutivo dell’Ateneo del 30 luglio 1998. Una richiesta, quella di poter utilizzare l’area e le strutture dell’ex caserma dei Carabinieri, da tempo condivisa e avanzata proprio dalla direzione del DIGSPES dell’Ateneo che ben conosce le necessità della propria struttura.
A tale proposito, va ricordato che un progetto di ristrutturazione dell’ex caserma, con la condivisione e il concorso delle Fondazioni e degli Istituti di credito di Torino e Alessandria, durante la fase finale della reggenza del rettore Garbarino (2011-2012), fu, all’ultimo, rimesso in discussione e accantonato, si presume con il concorso della regione Piemonte, in allora presieduta da Cota, casualmente di Novara. Ristrutturazione che se eseguita avrebbe anche evitato di spostare dalla sua storica sede il “museo del cappello” e fatto risparmiare parecchie risorse.
Conoscendo la carenza di spazi a disposizione degli studenti per lo studio e la difficoltà ad usufruire dell’importante patrimonio librario, in larga parte sistemato negli scantinati e presente nel complesso dell’ex Borsalino, abbiamo avuto la possibilità di visitare, con un tecnico della provincia, i locali dell’ex caserma che si trova proprio sull’altro lato della via occupata dall’Università. E per la loro disponibilità ringraziamo i consiglieri provinciali Enrico Mazzoni e Maurizio Sciaudone. Dalla attenta e diretta verifica sul posto abbiamo tratto il convincimento che la riorganizzazione e ristrutturazione dello stabile sia, per le necessità dell’Ateneo, non solo possibile, ma particolarmente adatto. Una possibilità che Gian Carlo Avanzi, il nuovo Rettore, ha indicato tra quelle possibili quando, da candidato, presentò le sue proposte per le sedi alessandrine dell’UPO.[2]
Sorprende quindi che, recentemente, il neo Rettore abbia dichiarato, senza fornire plausibili motivazioni, che l’ex caserma dei Carabinieri “non va bene” e, nella sostanza, rigettato anche la proposta del Sindaco per le residenze nel complesso dell’ex ospedale militare a causa di problemi di staticità.[3]
Ad Alessandria più che il “campus” è da preferire la “diffusione” dell’Ateneo nella città, mentre “Palazzo Borsalino” rappresenta emblematicamente l’Università
In particolare il rifiuto a prendere in considerazione l’utilizzo dell’ex caserma di via Cavour, rappresenta, a nostro giudizio, un errore. Senza l’utilizzo di quel complesso adiacente all’attuale sede non sarà possibile fornire agli studenti nuovi locali per la biblioteca, aule per lo studio e una mensa adeguata e, per la sua vicinanza, fruibile. L’esperienza di via Plana ha, infatti, dimostrato che mense distanti dai luoghi dello studio sono scarsamente utilizzate dai ragazzi. Così come disagevoli sarebbero nuovi locali della biblioteca distanti dalle sedi della didattica. Non prendere, poi, in considerazione un bene, sotto diversi aspetti, considerevole e messo a disposizione dall’Ente Provincia, rappresenterebbe una decisione poco opportuna, anche sotto il profilo economico.
Non vorremmo che a dettare le scelte del Rettore, da ultimo particolarmente critiche nei confronti della struttura di “Palazzo Borsalino”, fosse un pregiudizio verso i proponenti l’utilizzo del complesso di via Cavour, o dettato da una, peraltro comprensibile, poca conoscenza della realtà di Alessandria. A tale proposito pensiamo che le decisioni dell’Ateneo statale debbano essere, il più possibile, pubbliche, trasparenti e che da privilegiare debba essere la collaborazione e l’interlocuzione con le amministrazioni locali, Comune e Provincia, più che quelle con i privati. Ricordiamo altresì che la decisione di insediare l’Università nella ex sede dello stabilimento Borsalino è stata comunemente presa dagli amministratori alessandrini e dai responsabili l’Ateneo di Torino, diversi anni prima della nascita del Piemonte Orientale, e, come tale, dovrebbe essere da tutti rispettata. In ogni caso, per Alessandria, “Palazzo Borsalino” rappresenta emblematicamente l’Università. Recentemente abbiamo, poi, ascoltato il Rettore volersi impegnare in Alessandria per la realizzazione di un campus e annunciare le trattative in corso con dei soggetti privati e l’ipotizzata disponibilità di ingenti cifre per l’acquisto di edifici (si è parlato di 5 milioni di Euro).[4]
Per la dislocazione che negli anni ha assunto la sede alessandrina dell’UPO, con lo sviluppo dei due dipartimenti in posti diversi, noi riteniamo che per favorire tale sviluppo sia, al posto del “campus”, più opportuno parlare ed operare per la “diffusione” dell’Ateneo nella città che, gradualmente, diventa “universitaria”. Palazzo Borsalino si può naturalmente collegare con la chiesa di San Francesco (residenze sul lato dei giardini), proseguire rapportandosi con il Conservatorio Musicale (palazzo Ghilini), la Biblioteca Comunale, le sale museali e il Liceo Classico. Cosi il Disit, in collaborazione con il Politecnico, trova nelle vicinanze la sede di “Cultura e Sviluppo, l’Itis “Volta”, il liceo Scientifico, gli Istituti tecnici e, insieme al DIGSPES, il Seminario vescovile di Santa Chiara con le residenze e, poco distante, le attività culturali presenti nel chiostro di Santa Maria di Castello. Una diffusione che con il nuovo corso di Medicina interesserà i due ospedali, Civile e Infantile, e il centro riabilitativo polifunzionale Teresio Borsalino.
Evitiamo, per dispute interne, di ripetere errori come la chiusura di “Scienze ambientali”
Ci permettiamo queste affermazioni anche perché in passato – anni 2008/2009 – nel Dipartimento del DISIT, dispute tra docenti e responsabili del dipartimento hanno portato alla chiusura del corso di “Scienze ambientali e politiche del territorio”, nonostante la buona adesione degli studenti. Una decisione improvvida e che ha penalizzato un territorio, come quello della provincia di Alessandria, tradizionale sede di industrie del settore chimico, della gomma e delle materie plastiche e che purtroppo vanta, nella regione, il primato delle bonifiche ambientali di ex siti industriali a carattere nazionale e regionale. Una decisione che, a nostro giudizio, dovrebbe essere ripensata a vantaggio di percorsi didattici innovativi in forma di Master, a titolo d’esempio.
Auspichiamo, altresì, che il Comune, la Regione, la nostra Fondazione bancaria, l’Upo e il Politecnico (che sta tornando a investire sulla nostra sede) costituiscano un tavolo di lavoro per la scrittura di un progetto autentico, originale e innovativo modellato sui punti di forza e sulle vocazioni che Alessandria esprime.
Insomma, occorre adesso guardare avanti, l’Ateneo deve impegnarsi a colmare gli squilibri nella destinazione delle risorse a favore di Alessandria, mettendo al primo posto le problematiche dei Dipartimenti e le carenze più volte segnalate da docenti e studenti. Collaborando, in primo luogo, con le Istituzioni locali pubbliche e avendo un rapporto continuo e trasparente con la città.
Giorgio Abonante Renzo Penna
Gruppo Cons. PD e Lista Rossa Associazione “Città Futura”
Alessandria, novembre 2019
[1] Decreto 30 luglio 1998, Istituzione dell’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
[2] Redazione radio Gold, 31 maggio 2018: “Rizzello Vs Avanzi. L’UPO sceglie il nuovo Rettore”
[3] “Il Piccolo” di martedì 1 ottobre 2019.
[4] Incontro pubblico presso “Cultura e Sviluppo” il 24 settembre 2019
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